23 maggio 2016

Un occhio per l'orecchio (2008)

In Inghilterra il cinematografo era chiamato bioscope perché presentava in termini visivi i movimenti delle forme di vita. Mediante il cinema arrotoliamo il mondo reale su una bobina per poi srotolarlo come un tappeto magico della fantasia. L'uomo tipografico ha subito accettato il cinema proprio perché offre, come il libro, un mondo interiore di fantasie e di sogni. Lo spettatore cinematografico è psicologicamente solo come il silenzioso lettore. Non era in questa situazione il lettore di manoscritti e non lo è lo spettatore televisivo. Non è piacevole accendere la TV soltanto per sé stessi, in una camera d'albergo o anche a casa. L'immagine a mosaico esige un completamento, da parte di chi la osserva, e un dialogo. Lo stesso vale per il manoscritto prima dell'avvento della tipografia, poiché la lettura del manoscritto è orale ed esige il dialogo e il dibattito, come è dimostrato dalla civiltà antica e medioevale. È stato Bertrand Russell a dire che la grande scoperta del XX secolo è la tecnica del giudizio sospeso. Dal canto suo Whitehead ha sostenuto che la grande scoperta dell'ottocento era stata la scoperta della tecnica della scoperta. Cioè la tecnica di partire dalla cosa da scoprire e di risalire passo passo, come lungo una catena di montaggio, sino al punto da cui è necessario partire per raggiungere l'oggetto desiderato. Nelle arti ciò equivale a partire dall'effetto e inventare poi una poesia, un quadro o un edificio che produca proprio quell'effetto e nessun altro. La tendenza dei bambini nevrotici a perdere i loro tratti nevrotici quando telefonano è sempre stato un enigma per gli psichiatri. Certi balbuzienti perdono la balbuzie quando si mettono a parlare in una lingua straniera. Il fatto che le tecnologie siano modi per trovare un tipo di conoscenza in un altro è stato espresso da Lyman Bryson nella formula “la tecnologia è chiarezza”. La traduzione è dunque un'espressione semplificata delle forme di conoscenza. Quello che noi chiamiamo “meccanizzazione” è una traduzione della natura, e delle nostre nature personali, in forme amplificate e specializzate. Tutti i media sono metafore attive in quanto hanno il potere di tradurre l'esperienza in forme nuove. La parola parlata è stata la prima tecnologia grazie alla quale l'uomo ha potuto lasciare andare il suo ambiente per afferrarlo in modo nuovo. Le parole sono una forma di recupero d'informazione che può estendersi a grande velocità alla totalità dell'ambiente e dell'esperienza. Sono complessi sistemi di metafore e simboli che traducono l'esperienza nei nostri sensi. Sono una tecnologia della chiarezza. Lo specchio deve il suo significato, che eccede la pura e semplice funzione, al fatto che anticamente si credeva nella corrispondenza magica tra una cosa e la sua copia; un po' come accade tra un'opera originale e la sua traduzione. Tutto il conoscere, è portare il mondo dentro uno specchio; ridurlo ad un riflesso che si possiede. Ecco la folgorazione dell'immagine orfica: Dioniso si guarda allo specchio, e vede il mondo. Lo specchio è anche simbolo dell'illusione perché quello che vediamo in esso non esiste nella realtà, è soltanto un riflesso. Il tema dell'inganno e della conoscenza sono quindi congiunti, ma soltanto in questo modo vengono risolti. Bob Harry sta girando uno spot televisivo. La star hollywoodiana in declino si trova nel mezzo di una troupe straniera, con a capo un regista particolarmente esagitato e prolisso nelle spiegazioni. A far da tramite, per lo sperduto Bob, è un interprete, vero e proprio salvagente cui l'attore si aggrappa per decifrare l'idioma sconosciuto. Ma qualcosa sconcerta Bob e lo inquieta: il regista si effonde in lunghi discorsi, molto veementi e impetuosi: l'interprete sintetizza in poche parole, scorciando e abbreviando di netto l'originale. La disparità è tale che il protagonista percepisce una sfasatura. «Tutto qui?», continua a chiedere, diffidente e perplesso. “Lost in translation”, recita il titolo del film. Il significato implica una molteplicità di sfumature. Per certi versi si allude a qualcosa di “perduto nella traduzione”. Questo “qualcosa” è un insieme di parole o di espressioni impossibili da afferrare. “Lost in translation” implica anche una metafora spaziale, e significa: perduto nella traslazione, nello spostamento. A essersi perduti sono in due: Bob e Charlotte, personaggi egualmente in crisi e disorientati. Il primo è intrappolato in un matrimonio ormai ridottosi a routine. La seconda è appena all'inizio della sua vita insieme al marito. Non v'è dunque solo una geografia dello spaesamento, ma anche una psicologia dello spaesamento: e le due rette sembrano incontrarsi, di modo che la confusione esteriore rispecchia quella interiore e viceversa. Lo spostamento verso l'oriente segna e sgretola entrambi i protagonisti. “Lost in translation” implica un essersi perduti nella traduzione, o mentre ci si traduceva (lasciando al verbo tradurre il più ampio spettro semantico). Significa, insomma, mancare di chiarezza verso sé stessi – come risvolto dello smarrimento esperito nei confronti del contesto circostante.

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