23 maggio 2016

Cantieri aperti di territori letterari (2007)

E' difficile non annuire mentre si leggono le riflessioni di Luigi Pirandello, vergate nei Quaderni di Serafino Gubbio Operatore:“Se io al cinematografo non devo più vedere il cinematografo ma una brutta copia del teatro, e devo sentir parlare incongruamente le immagini fotografie degli attori, con una voce di macchina trasmessa meccanicamente, io preferirò andarmene a teatro...bisogna che la cinematografia si liberi dalla letteratura, per trovare la sua vera rivoluzione”.
Quel fascio di luce che dal proiettore raggiunge lo schermo rovescia l'immagine e la ingrandisce, colonizza nuovi spazi attraverso l'immagine e la parola.
Il cinema – ancora oggi – con funzioni diverse e minori – è un catalizzatore delle fantasie. Luogo del sogno e della ragione, marginale fabbrica dell'immaginario collettivo.
Per inaugurare questa rubrica cinematografica, contenuta in questa nuova rivista, ho deciso di mettermi in gioco e presentare ai lettori la mia officina segreta.
Il primo è un breve testo letterario, il secondo è un trattamento ricavato dal raccontino, e il terzo è un frammento di sceneggiatura che tiene presente entrambi i tentativi e poi giunge a lidi inesplorati.
Tre passaggi né canonici né tanto meno obbligati, ma che mettono bene in evidenza come la scrittura cinematografica abbia un carattere ibrido, dipenda dall'immagine che la completerà, la relega in quell'equivoco destinato alle opere che non sono ancora del tutto alla luce.

Fabrizio Derosas

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