23 maggio 2016

Sotto il segno dei segni (2015)

In un folgorante racconto di Jorge Luis Borges, si narra che in una casa d'imminente demolizione, nascosto in un angolo della cantina c'è un aleph, cioè un punto che contiene tutti i punti.
Sdraiato su una tela di sacco, guardando il diciannovesimo scalino, il narratore vede il microcosmo di alchimisti e cabalisti, il multum in parvo, l'infinito racchiuso in una minuscola sfera.

La prima lettera dell'alfabeto della lingua sacra (l'ebraico), per la cabala quella lettera rappresenta l'en soph, l'illimitata e pura divinita... Ha la figura di un uomo che indica il cielo e la terra, per significare che il mondo inferiore è specchio e mappa del superiore... Per la Mengenlehre (la teoria degli insiemi) è il simbolo dei numeri transfiniti, nei quali il tutto non è maggiore di alcuno dei componenti.

Le grandi idee della metafisica occidentale, perduto il loro dominio sul sapere, si sono rifugiate esuli nella letteratura e nell'arte, che tutto contiene e in cui tutto si riflette.
Il mondo occidentale ha praticato nei secoli, una scissione radicale tra parole e immagini, lasciando l'esercizio delle prime ai letterati e quello delle seconde agli artisti.
Non così si sono comportate invece le culture dell'estremo oriente, che grazie alla pratica degli ideogrammi hanno tenuto legate tra loro parole e immagini.

Oggi anche l'occidente appare largamente pentito, circa il suo antico vizio dissociativo, e questo per effetto del passaggio dalla galassia Gutemberg alla dimensione elettronica-digitale.
Il confine, segno immaginario o reale che delimita uno spazio (geografico, verbale, visivo) possiede l'attrattiva singolare che sta nella sua negazione, nel desiderio di ancestrale tracotanza di oltrepassare il limen: varcare la soglia e raggiungere uno spazio che forse si vorrebbe infinito.

La serie proposta dalla pittrice Cristina Papanikas, contenuta nella raccolta poetica "Per amore, solo per amore", varca i confini tra parola e immagine, dipinto e poesia, narrazione e visione.
Spinta da un entusiasmo ancora sincero, ha attinto a un vasto retroterra iconografico costituito dalla storia dell'arte, dalla letteratura e dal cinema.

Cristina Papanikas esprime attraverso le sue tavole, l'idea della coincidenza tra l'invenzione fantastica e la regola geometrica, tra il rigore, la padronanza compositiva e la fluidità scorrevole del segno, che appare spesso come un'onda marina o un brulichio di gocce sgranate.

Le opere della Papanikas possiedono un rimando evocativo ai colori, alle luci e alle forme della terra che, nonostante la mente sia consapevole di non aver di fronte la rappresentazione di un paesaggio lo cerca, lo crea e infine riesce a vederlo, ripresentando ancora una volta il mistero delle macchie sul muro, di ricordo leonardesco.

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