23 maggio 2016

L'estetica è la scelta del sensibile (2015)

C'è una città dove i muri sono di vetro; le vie scorrono ai piedi di grattacieli trasparenti; ad ogni piano le vetrate riflettono le vetrate di fronte e lasciano intravedere una successione di vetrate.
Secondo l'ora e la luce, lo sguardo attraversa tutta la città e vede una nuvola nel cielo oltre l'ultima finestra. Ma come gira il sole e i vetri si fanno opachi, sembra che la nuvola passi tra vetro e vetro, percorra tutte le vie, sia chiusa in ogni stanza.

La città di vetro
Italo Calvino


La nostra epoca è sempre più caratterizzata dal sopravvento del divenire contro l'essere.
La coscienza del tempo ha attraversato una prima fase con Newton e Kant, e una seconda con il cronotopo di Einstein. La terza fase sarebbe quella inaugurata da Prigogine: quest'ultima teorizzazione parla di una temporalità dislocalizzata, non più legata al cronotopo einsteiniano o ad una delle quattro dimensioni: la temporalità diventa un elemento attivo, creativo, qualitativo, determinante non solo del modo di assunzione della spazialità, ma di tutta la prassi sensibile.
Non si può più parlare di una variabile del tempo T: è una critica già presente anche in Bloch; bisogna invece considerare un tempo di più dimensioni che, a seconda delle dimensioni considerate, è diversamente creativo e diversamente qualitativo. Un tempo che va studiato in uno sviluppo dinamico e non può essere considerato omogeneo in quanto è estremamente eterogeneo: concezione, questa, che va molto al di là delle idee bergsoniane, da cui pure prende le mosse.

La ricerca della Papanikas vuole affondare, con gli artigli affilatissimi di una gatta curiosa, la categoria ottocentesca che definiva scienza solo il sapere compreso nel contesto del quantitativo e del misurabile; ma porre le basi di una scienza dell'uomo, fenomenologica dei vari piani del mondo sensibile, in quanto interrelazione di percezione, memoria, immaginazione.
La sua produzione artistica scopre, inventa e supera sé stessa. E può farlo, volgendo l'orrore in bellezza. L'arte non appartiene a un ideale, né a un museo: è inseparabile dalla concretezza delle forme di vita.
L'artista di origini greche – non rinuncia al salutare tumulto del rinnovamento – costruisce con ogni risorsa della scienza e della tecnica, calpestando quanto è antitetico, determina nuove forme, nuove linee, una nuova armonia di profili e volumi, in una inedita rispondenza come valore estetico della nostra sensibilità.
Il tempo è il corpo inteso come "fabbrica di significati"; la struttura del tempo è indissolubile da quella della corporeità, e in generale dalla corporeità cosmica. Perché il concetto di essere sia dissolto completamente in un cosmo, ovvero come una polverizzazione d'immagini. L'arte della Papanikas è un intreccio complesso, spiazzante e fertile, che tenta di scardinare i paradigmi percettivi, per sprigionare dialoghi nella direzione della turbolenza, e dell'alterazione.
Le visioni nebulose e una continua e attenta ricerca di una non-messa a fuoco provocano un senso di disagio visivo che non è altro se non il corrispondente di una labilità d'esistenza, scaturita da una profonda riflessione su sentimenti, memoria e storia, oniricamente rintracciati nella dimensione concreta eppur sospesa.

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