01 agosto 2017

Lo sguardo lento di Irene Recino (2016)

L’artista Irene Recino sa che disegnare o dipingere il paese in cui si è nati e cresciuti, nasce dall’esperienza di trovare un ordine, un criterio, nella complessità del reale.
Un ordine che spieghi a sé stessi e agli altri gli spazi che viviamo e abitiamo.
La Recino per completare le sue preziose opere, le sue tracce testimoniali, si è astratta dal rumore del quotidiano, si è immersa in tempo sospeso in bilico tra presente e futuro.
Ha gestito un tempo dilatato che poi si è fissato nel momento in cui l’immagine si materializzava.
Abbandonarsi nel  2016 al ruolo di flâneur che prima Baudelaire e poi Benjamin definirono, nei due secolo precedenti al nostro come “arte della visione”, ha anche qualcosa di struggente e inedito: la compresenza ormai di mondi insieme paralleli e tangenti, in una confusione che allo stesso tempo onora la sua origine etimologica (confusione deriva dal greco “fondersi in un’unica natura”) fatta di nuove armonie.
È stato detto che Dio si rivela nel dettaglio e qui è proprio questo che accade, perché nel particolare da isolare, nel taglio intelligente delle immagini c’è il segreto della “creazione”, il sentimento verso le opere dell’uomo.
Case, chiese, facciate, vicoli, scorci di architetture, che si animano, si umanizzano (benché non siano mai presenti figure umane), e questi appunti visivi che filtrati da un’attenta elaborazione concettuale, provano a tradurre le movenze in in’infinita ricerca della cifra intima di Sorso.
In un illuminante saggio del 1978 Isaiah Berlin ha suggerito una sorta di fisiognomica delle idee, individuando due grandi famiglie di spiriti. Da una parte le volpi: coloro che perseguono molti fini, spesso disgiunti, non verificati da un principio generale. Dall’altra i ricci: coloro che riferiscono tutto a una visione universale, la sola che po’  dare un significato a tutto ciò che essi sono e dicono.
Servendoci di questa distinzione, potremmo iscrivere Irene Recino nel gruppo delle volpi. Difficile, infatti, cogliere la sua ossessione, il suo pensiero dominante. Ciò che ha sempre caratterizzato la sua sfaccettata avventura creativa è una sincera irrequietezza, che la porta a costruire connessioni e relazioni con la grafica, la pubblicità, il cinema, la fotografia, regalandoci il suo sguardo lento e capiente.

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