22 marzo 2017

Spazzolare la storia contropelo - Andrea Rizzo

"Sono nel mondo, non sono del mondo".
La pittura di Andrea Rizzo parla spesso la lingua di Paolo Apostolo.
È anche l'idioma della politica del trascendimento, del superamento. La politica che pensa che questa società non sia, per fortuna, l'ultima fase di sviluppo dell'umanità.

Alla fine del II secolo d.C. Sesto Empirico apriva i propri Schizzi Pirroniani con la descrizione dei tre esiti possibili di un'attività di ricerca (sképsis, in greco): scoprire ciò che si cerca, dichiararlo irraggiungibile o continuare a cercare. Gli scettici, dichiarava subito dopo, scelgono quest'ultimo approccio.
Molti secoli dopo Karl Popper, a conclusione della Logica della Scoperta Scientifica (1934), affermava che non è "il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, che fa l'uomo di scienza, ma la ricerca, persistente e temerariamente critica della verità".
Lo "scettico" Rizzo sta alla larga dal profluvio di icone pronte a essere immediatamente consumate. Senza profondità, prive di ogni spessore poetico e semantico, non sbocciano né risplendono: semplicemente esistono.
Le sue tele e il loro autore sanno che nel "guardare" è la chiave per capire l'enigma.
Cerca il vuoto interiore. Per dare vita alla voce plurale delle cose, alle migliaia di storie che gli vengono incontro.
Andrea Rizzo è come Esopo: un traghettatore di storie, le porta alla luce come apparizioni, le spinge attraverso il tempo e lo spazio verso di noi. Per riempire un silenzio intollerabile.
La ricerca pittorica di Andrea Rizzo pare voglia dirci che l'arte dà senso a quello che le brutalità della vita non sanno spiegare, un senso che ci unisce, perché è finalmente inseparabile dalla giustizia.
L'arte, quando funziona così, diventa il punto d'incontro dell'invisibile, dell'irriducibile, del duraturo e del coraggio.

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