04 settembre 2009

Rendez–vous (1999)

Dies irae
Un tempo anch'io sono stata contenuta in un grembo di donna. Le donne — tutte le donne — temono la loro femminilità. Non si sentono all'altezza, non si amano, e allora si automortificano con ferocia, con orgoglio.
Giramento di testa — vertigine — impulso irrefrenabile al quale si tenta di resistere, e più si tenta di resistere più aumenta l'ansia. Fino a quando non si cede. Mamma — per domani se non sono stata all'altezza di inventare il tuo amore, se sono così stupida, inadeguata, se questo corpo è così goffo, inadeguato.
Un morso a sangue sulla mano perché tu non mi ascolti davvero e io voglio attenzione. Una ferita dietro le ginocchia perché ti ho delusa e sono delusa da me stessa. Un corpo da martoriare perché è tutto quello che ho per odiare e per amare. Per vendicarmi.
La lametta apre la pelle. Il sangue scivola via. L'alcool brucia ma non fa male.
Mi taglio perché voglio punirmi in qualche modo. Mi dico: se sono in grado di tagliarmi, e poi di disinfettarmi, e di non provare dolore, allora sono assolutamente padrona di me stessa.
Oltre la superficie dell'apparenza mi rivelo.
Dentro quella ferita non smetto di scavare, di scoprire cose nuove, di esplorare l'esistenza col coraggio della verità.
Dentro quella ferita mi sento vulnerabile e al tempo stesso protetta: come una bambina piccola sistemata in un girello che l'aiuta a camminare; come una lumaca dentro la propria corazza.
Si sente un dolore bestiale, feroce, bellissimo.
Quando qualunque oggetto appuntito e tagliente ti penetra, sei pervasa dal terrore, ti schizza l'adrenalina nel cervello, puoi urlare se vuoi, ma se superi questo scoglio, subito dopo, ti arriva una doccia di endorfina, il dolore scende – si trasforma in un piacere insensato, quasi euforico.
Anche la principessa Diana, quand'era triste si tagliuzzava un po' — pure Padre Pio ha sofferto per le sue stimmate.
Mi taglio per dire: soffro, quindi esisto.
Guarda, mi sveno per te, amami.
Quando morirà mia madre chi mi darà sostegno — chi mi darà sollievo. Tu di certo non potrai farlo.
Il mio corpo è involucro nervi sangue.
È biglietto da visita — è tomba calore vergogna enigma tana. Il mio corpo è limite e profondità — è rimorso spirito e preghiera.
È vendemmia innocenza aria fresca armatura sonno e anticipazione di morte.
Tempesta di neve — breve agonia — istante spiraglio — violento batticuore — vita di sfondo — immobilità.
Il mio corpo è fiamma ombra nuvola polvere foglia sasso nello stagno, pugno in faccia che pensi ma non dai, coccio di bottiglia sul muro di confine.
Sono andata in bagno, l'ho rotta e ho cominciato a sfregarla sulla pelle del braccio. Quando ho visto scorrere il sangue ho sentito dentro di me come una liberazione.
Non mi piacevo e percepivo che anche mia madre in qualche modo si vergognava di me. Da adolescente ho provato un forte senso di colpa per non essere come gli altri avrebbero voluto.
E più lo capivo, più non riuscivo a smettere. Dicevo ancora una volta, è l'ultima.
Tutte le donne — sia quelle felici che quelle sfortunate — sono in cerca di o in fuga da qualcosa, sempre in preda a una smania o a una esaltazione.
Quel troppo amore — quel darsi completamente e nel modo sbagliato, a cui tante donne non sanno resistere; genera sotto pelle questo senso di autodistruzione.
Le mie storie non durano mai più di un paio di mesi, a volte poche settimane, questo perché riesco sempre a trovare un motivo abbastanza valido per dire: “Questo tipo non fa per me”.
Perché mai — ogni volta che una storia diventa importante, mi assale la paura e scappo? Ma io cosa ci guadagno? I miei uomini sono tutti sbagliati. Una specie di sesto senso mi spinge ad accogliere persone piene di problemi che non riusciranno mai a darmi la serenità di cui ho bisogno.

Avrei voluto rendere felice mia madre — ma era impossibile — non è il ruolo di una figlia e, più di tanto non si possono cambiare gli altri.
Penso sempre di poter salvare gli altri. È una qualità pericolosa. Quando ci si ama meglio, si protegge di più la propria identità. Questo è l'unico segreto per non soffrire.
Dimmi ancora una volta che come me non c'è nessuna. Dimmi ancora che sono l'unica, la sola — che ti rende felice.
Avete mai fatto caso alla macchia verde di un canneto che ondeggia al vento serale.
Spesso mi ci perdo dentro sino ad annullarmi — come se io stessa fossi quel tronco, quella foglia — quella canna inclinata contro il cielo smaltato. Questo lato contemplativo del mio carattere non vi giunga come un'anomalia. È vero non mi fermo un momento — ma in fondo non ho concluso mai nulla.
In certi momenti — nei dopopranzi pieni di sole buttarsi in aperta campagna ad osservare quella pianta dal fusto dritto, vuoto, flessibile e nodoso, emana un'energia vitale che avvolge e riempie.
Insegna a decidere. Che meraviglia quel movimento lento e affettuoso, quella danza modulata, quell'oscillazione fra il riso e il pianto. Avete mai fatto attenzione a quel fruscio leggero che compongono le foglie accostandosi e discostandosi. Mani dietro la grata che rimano il combaciare del palmo e producono musica.
Lamette schegge di vetro spille da balia.

Sassari
Un dolore senza parole, una sofferenza che ha insieme il sapore dello spavento per il male che ero arrivata a fargli o a farmi. Non sentivo niente. C'era solo il gelo. Poi... è stato tremendo.
Ho cominciato a stare male, non fisicamente. Male da morire. E lui — proprio non capiva. Era rimasto sulla stessa lunghezza d'onda che ci aveva portato alla scelta di interrompere la gravidanza. E io invece ero da un'altra parte. In un mondo che non era abitato da pensieri, decisioni, scelte razionali.

“La follia che ha portato la nostra civiltà ad accettare questo orrendo massacro, che grida vendetta al cospetto di Dio, è tale che ci costringe a chiedere se non dovremmo davvero intervenire con forza come fece Gesù nel tempio, per impedire che l'uomo continui a perpetuare indisturbato questi delitti.”

Visite, colloqui, esami, controlli. Mi sembrava una caccia al tesoro. Premio finale: un bell'aborto.

“Il suono delle campane è — se non altro — un suono antico e gentile, che parla alle nostre anime e che rammenta un mondo di bene da cui ci siamo infelicemente discostati.”

Non mangiavo più, non dormivo, odiavo mio marito. Avevo dentro una rabbia, una violenza che non ho mai provato.
Nonostante la disperazione, essere incinta mi dava una specie di felicità.
Avevo il seno gonfio e una gran nausea e mi sentivo tanto materna e femminile, potente, legata alla vita.
Quella gravidanza era la conferma che anch'io ero capace di fare figli, che potevo scegliere se farli o no.
Dopo l'intervento la nausea non c'era più e io avevo un gran senso di morte dentro. Provavo un odio feroce per Matteo, anche se razionalmente capivo che era l'unica scelta possibile.
L'immagine di quel bambino che non avevo avuto continua a tornarmi in mente. Spesso penso alla faccia che avrebbe avuto.
La notte — ogni notte per tanti mesi sognavo animaletti scorticati, senza guscio.

“La decisione di proibire al parroco di suonare a morto le campane della sua chiesa, nel momento in cui la follia umana permette legalmente l'esecuzione di un assassinio, riempie il cuore di sgomento.”

Le infermiere rudi, sbrigative, la stessa lametta usata per depilare tre quattro donne di fila, e poi quel metterti i genitali a nudo.

Una gravidanza interrotta nasce sempre dal divario tra desiderio e realtà.

Quando sono arrivata a casa mi sono messa a letto e ho detto a mia madre che stavo male.
Speravo che se ne accorgesse. Volevo poterne parlare con lei, volevo la sua solidarietà, la solidarietà di una donna. Mia madre comunque non si è accorta di niente, per me è stata un'altra sconfitta. Voleva dire che non esistevo come femmina.
Dio mi ha dato la voglia di sapere di più di me stessa?

“In che modo siamo costretti a vivere?
Un tempo le campane a morte si suonavano per accompagnare un condannato verso il capestro, come segno del dolore che provava la comunità cristiana per la fine della vita di un uomo.
Anche se quest'uomo era quasi sempre colpevole, probabilmente un uomo spesso indegno di vivere.”

Io vorrei tanto credere in Dio, e non ci riesco, perché non spieghi come si fa?
“Non bisogna essere orgogliosi”, mi rispose, non bisogna pretendere di capire tutto, non bisogna sforzarsi, bisogna rassegnarsi, bisogna chiudere gli occhi, bisogna pregare. La fede è una grazia. Purtroppo, io non potevo abbandonarmi. Volevo capire. Non potevo non sforzarmi di capire.
Tutto il mio essere era in una tensione dolorosa ed estrema. Non sapevo rassegnarmi. Volevo Dio — per forza — avevo bisogno di lui. Avevo paura che sarebbe stato un bambino malato, fragile, handicappato.
Non ero stata abbastanza bella e intelligente perché mio marito mi amasse, perché desiderasse fare un figlio con me, sentivo che sarei mai riuscita a farlo crescere. Ero sola.
Senza nemmeno l'ombra, l'apparenza di un marito vicino. Senza neanche un po' d'amore per me stessa. Nessuno mi avrebbe aiutata ad avere il mio bambino. Nessuno mi ha aiutato a sopravvivere alla mia breve eternità.

“Non si tratta soltanto di un crimine che sopprime un “non nato” ma che, assai più gravemente, impedisce a quel “non nato” di diventare una creatura di Dio. Incarnarsi.”

Trasmutazione
L'attore si trova al centro di una sfera gigantesca. Due telecamere inquadrano ciò che avviene dentro quell'universo ligneo.

Nancy: Non ho più voglia di pensare ai calcinacci del soffitto che si sbriciolavano sulla mia testa. Non voglio più pensare a quando mi sentivo brutto e ignorante.
Volevo diventare bella per sentirmi desiderata, desiderata da tutti.
Mi sento molto dipendente dallo sguardo degli altri e dall'opinione che gli altri hanno di me.
Ci sono momenti in cui mi sottovaluto e altri in cui mi sopravvaluto: non riesco a trovare il mio centro.

La cosa più difficile è cambiare. Ci sono persone che non sanno che cosa sia, che restano immobili fino alla morte, per paura di una qualsiasi trasformazione. Se non fossi passata attraverso questi anni dolorosi, non credo che potrei affrontare la mia vita – così come faccio oggi. Ma perché c'è sempre qualcuno che vuole insegnarci come dobbiamo essere? Prima mi parlano – sono quasi gentili, poi quando gliel'ho dato, non esisto più come essere umano. Certi pretendono di toccare il mio sesso, prima, per essere sicuri di venire soddisfatti.
Batto perché come tutti i trans ho bisogno di tanti soldi per pagare le passate d'ago.
Comunque preferisco battere che lavare scale.
Perché le donne fanno di tutto per sembrare uomini? E pensare che un uomo viene con noi perché sembriamo donne. E in più – essendo uomini – sappiamo che cosa piace agli uomini.
Le nostre minigonne e il trucco pesante li fanno sentire meno in colpa, s'illudono, ma in realtà vogliono quello che abbiamo tra le gambe.
Io posso dare sesso e riceverlo, se voglio posso essere donna e uomo. In me ci sono le due facce dell'amore.

Stasera non ho voglia di lavorare, di sentirmi chiedere: “Quanto ce l'hai grosso?”. O di sentirmi urlare: “Non sei altro che un finocchio vestito da donna”.
Prendo trentamila lire per l'orale e cinquanta per l'amore completo. In camera ne chiedo duecento, ma se un cliente vuol fare le cose con calma, o tira fuori la cocaina – allora alzo la tariffa. Un cliente mi ha chiesto di mettergli il rossetto e il reggicalze, un altro mi ha portato nel suo attico – dove tra fruste – cinghie chiodate e costumi sadomaso sembrava la stanza delle torture.
Ce n'è uno che ha un'idea fissa: leccarmi i piedi. Non pretende altro. Paga e bisogna accontentarlo.
Godersi lo spettacolo di questi uomini pronti a pagare per il mio corpo, è parte del mio piacere.
Nessuno prima si curava di me, invece ora tutti mi cercano, mi sembra di far parte di qualcosa. Ogni sera mi metto in vendita per comprare un vestito firmato, per pagare un affitto da rapina, il parrucchiere e i miei profumi. Affitto il mio corpo come se fosse un villino sul lungomare. Del resto il mio corpo è una merce – è l'unica proprietà che possiedo. In un appartamento nel viale della stazione, un uomo sui cinquant'anni, distinto e virile, estrae da sotto il suo trench beige un ramoscello di pungitopo, per un attimo ho pensato fosse un regalo per me. Mi fa capire che vuole essere fustigato: pronti: quando mi chiedono di essere picchiati lo faccio sempre con molta professionalità. Così gli lego le mani al calorifero e mi metto all'opera.
La scena si presentava così: lui nudo attaccato al calorifero, io completamente vestita e col pungitopo in mano. Comincio a percuoterlo sul petto credendo di fare bene. Ma lui mi fa capire che le frustate le preferisce sul pene. Eseguo – e mi supplica di essere cattiva – più cattiva. La cosa dura non più di cinque minuti.
Fortunatamente, finisce quando sto per essere sommersa dalla noia.
Esco dalla stanza camminando sul tappetino di foglie e bacche.

Il mio posto da lavoro è un parcheggio dentro un grande albergo, non indosso nulla sotto il cappotto: al massimo una guêpiere e le giarrettiere. Così quando una macchina si ferma, mi basta aprire lo spolverino per mostrare da che parte sto.
Raffaele mi guardava con i suoi occhi buoni sereni. Mi prendeva per mano e io mi dicevo: ecco, è il momento, fatti amare per quello che sei, toccami e senti chi sono veramente.
Raffaele ha cambiato faccia. Tutto d'un tratto ha provato il bisogno di farmi del male. Ero diventato un essere da punire e da umiliare.
In amore si dovrebbero scegliere persone degne delle loro promesse e lasciarle se non le mantengono. Ma nessuno si libera di un amore in tre giorni. Non si può amare senza aprirsi e aprirsi vuol dire rischiare di soffrire. Prendere o lasciare.

Caro Raffaele,

Non so come reagirai a questa lettera, il fatto è che non avrei il coraggio di telefonarti e tanto meno vederti, visto che sei stato proprio tu a dirmi – che non sarebbe stato più il caso. Quella sera non ho avuto il coraggio di dirti molte cose.
Volevo solo andarmene e non vederti mai più.
Sì è vero sono bugiarda. Ho questa mania di sognare a occhi aperti – di potermi rifugiare dentro qualcosa che mi possa far sentire importante, e poi vorrei aprire la porta di casa e vedere tutto a modo mio.
Sì sono invidiosa – è vero. Io – sono cresciuta in una casa dove gli altri erano sempre più importanti e più bravi di me, sono cresciuta dove le mie cose erano mie, momentaneamente, ma da un momento all'altro sarebbero state di chissà chi...
Forse ora capirai il mio atteggiamento: se compro qualcosa di nuovo – devo dirlo – perché nel mio concetto di felicità – è di condizione essenziale che gli altri – tutti gli altri – lo vengano a sapere – altrimenti che gusto ci sarebbe...
Ero molto contenta di stare con una persona speciale come te. Non potevo tenerlo tutto per me: come sarei potuta essere felice allo stesso modo.
Non credi che in quello che ho fatto ci sia anche qualcosa di positivo?
Non credi che sia una cosa bellissima pensare a una persona in ogni momento della giornata un pensiero fisso e sentirsi gasati solo perché sai che potrai incontrarla, vederla. Vorrei raccontarti quanto e come ti ho pensato, non so bene perché, ma credo che anche tu l'abbia fatto.
Ti ho pure sognato. Pure se non è stato un bel sogno: raccoglievo il tuo vomito.
Mi avvicinavo ai piedi del letto – e tu mi vomitavi sulla schiena, io ti ho lasciato fare, non mi sono scostata di un centimetro.
È stato questo sogno a spingermi a scriverti. Tu ti sei sfogato su di me – mentre io ancora una volta non ho avuto il coraggio di affrontare le cose.
Lo giuro – questa volta non volevo che andasse a finire così.

Perché le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto nel pozzo: di farsi prendere da una tremenda malinconia e affogarci dentro.
Le donne fingono di non avere questo guaio e camminano con passo felpato per le strade, con grandi cappelli e bei vestiti e bocche dipinte di rosso vivo.
A me non è mai successo di conoscere una donna senza scoprire – dopo un poco – qualcosa in lei di dolente e di pietoso che non c'è negli uomini.

Mia nonna mi diceva di sorridere, di parlare in una certa maniera per conquistare gli altri, e io sono sempre affamata d'affetto e d'amicizia – mi adeguavo a queste regole.
Mia nonna mi ripeteva di pensare in grande, di avere grandi sogni, grandi ambizioni che servono sempre se vuoi conquistare qualcosa, mi sedevo sulla poltrona preferita da Tobia – il nostro gatto – e immaginavo di diventare Imperatore.

Certe volte cerco di dimenticare chi sono e cosa faccio. All'inizio davanti allo specchio – m'impressionavo. Ma chi sono veramente? Mi chiedevo.
È da poco che ho deciso di sottopormi all'intervento che mi renderà completamente donna.
Prima ero indifesa – anche davanti alle piccole cattiverie.
Soffrivo perché non volevo far soffrire. Ma era inevitabile, certi incontri sono predestinati.
Non riuscivo ad affezionarmi a me stessa. Per questo sono stata capricciosa prepotente frivola. Da quando ho deciso di fare l'intervento, ho imparato ad amarmi di un amore più consapevole, più completo.
Il mio amore della vita è così esigente, così smisurato che mi porta a disprezzare, a non dare importanza a una vita che non duri eternamente.
Per me la felicità è l'attesa della felicità. Mi sento incompleta.
Sono condannata a desiderare sempre qualcosa che non c'è.

Ammiro le donne che battono i marciapiedi per dare da mangiare ai loro figli. Certo più degli uomini che tradiscono le mogli e vanno a puttane.
Non le sopporto quelle donne che si trovano da sole davanti al televisore (vestite da sera) a mangiare uno yogurt perché lui non ha telefonato per portarle a cena fuori.
C'è chi invece di aspettarle le telefonate le fa e poi subito riattacca, per controllare se lui è in casa e con chi. Ci sono donne che mendicano attenzioni da uomini iceberg, pietrificati, sentimentalmente.
Donne prigioniere della casa perché lui ama tradizione e telecomando.
Donne autoconvinte che la parte dell'amante sia più stimolante di quella della moglie.
Tutte – perdutamente – innamorate dell'uomo che le renderà infelici.

Da questo punto sino alla fine si presta una recitazione pervasa dal delirio mnemonico, anche le luci assumono un peso e un significato rilevantissimo.

Non ho mai avuto nessuno che si occupasse di me e mi volesse veramente bene.
Angelo si è sdraiato accanto a me, ha cominciato a dirmi che ero bello, che gli piacevo molto e tante altre paroline dolci. Poi mi ha accarezzato. Gli ho lasciato fare tutto perché mi piacevano le cose che mi diceva.

Seguirò l'uomo in macchina ovunque lui voglia andare, e farò tutto ciò che lui vorrà – all'uomo che offre vantaggi regali benessere si dà tutto.

Quando ero bambino avevo paura del buio. Oggi che sono un ibrido vivo bene solo di notte.
Mia madre come faceva a sedurre mio padre?

Ho vissuto non c'è altro da dire. Ho un grande senso della brevità della vita.
Prendo tutto quello che arriva. La vita è troppo breve per sprecarla con chi non ti piace.

Il sesso per me è sempre stato una moneta di scambio per essere amata. Avevo fame d'amore e quando andavo a letto con un uomo non desideravo il mio piacere: cercavo il calore che mia madre non mi ha dato.

Gli italiani sono i migliori, gentili, disinibiti. Gli inglesi hanno qualcosa nella testa che non va riguardo al sesso. I neri sono effettivamente molto dotati. Gli svizzeri noiosi. Mentre i giapponesi sono dotati di un ritmo fantastico.

Una settimana fa sono uscita – volevo fare una passeggiata al sole – bere una bibita all'aperto.
Poi ho capito che non mi avrebbe fatto scendere dalla macchina: si vergognava di me – di questo strano essere non ancora donna – non più uomo.
Fanno finta di accettarti, cercano di non riderti in faccia, ma tu le senti nell'aria le loro risatine, la curiosità, le mille domande ingorde che vorrebbero farti.

Delle volte guardo gli altri passare per le vie e li invidio perché non sanno cosa sia aspettare tutte le sere a un palo i clienti: froci culattoni ricchioni checche busoni caghineri.
La cosa che in assoluto mi piace fare di più è nulla.
Il nulla totale che è anche molto difficile.

Mi piace il profumo fresco del bucato, il bianco più bianco delle lenzuola che elimina l'odore acre della passata povertà.

Degli uomini amo la libertà. Da un uomo mi aspetto che sia inaccessibile. Che tiri dritto per la sua strada. Peggio per me.
Delle donne mi piace il potere. Ma ti rendi conto che le donne possono ottenere tutto grazie al buco che hanno in mezzo alle gambe?

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